L'IMMERSIONE
RACCONTATA DA ...
Tatjana
Secchitella, Linosa
LINOSA, isola dai mille
colori. Il nero rossastro delle sue lave compare fra le molteplici tonalità
di verde della bassa vegetazione di macchia mediterranea, creando un paesaggio
adornato dai colori pastello delle casette e dagli azzurri del suo limpido ed
incontaminato mare.
Bella sotto quanto sopra, la sua natura vulcanica caratterizza anche i fondali,
ricchi di secche e di anfratti scavati nella roccia dove la vita sessile attecchisce
rigogliosa in un'esplosione di colori. Ma questo à anche il regno dei
serranidi, dove branchi di pelagici di tutte le dimensioni incrociano abitualmente
le acque di Linosa, fra le più limpide al mondo. Immergersi con temperature
miti e tanto pesce da vedere è sicuramente il sogno di ogni subacqueo,
e tanti ormai avevano perduto le speranze di poterlo sperimentare ancora nel
Mediterraneo.
Secondo la testimonianza di subacquei esperti degli anni passati e del presente,
è proprio qui che si trova una dei punti d'immersione più belli
del Mediterraneo: la famosa Secchitella. Da un lato, una parete a picco che
sprofonda sino a 65 metri di profondità; dall'altro un dolce degrado
sino a 28 metri.
Situata a sud-est dell'isola, a largo
di Punta Calcarella, la si raggiunge in pochi minuti di navigazione, ed ecco
che compare una macchia estesa per lungo di colore turchese. Tuffandosi giù
dalla estremità della secca, si raggiunge in poco tempo un primo gradino,
dove ci aspettano quelle 2 cernie brune davanti alla propria tana. Non troppo
spaventate ci tengono d'occhio mentre proseguiamo lungo la parete.
Sotto, ancora 30 metri di fondo dove si intravedono le cernie più grosse,
e sopra, altri 30 metri in cui si scorge la chiglia della barca e sembra di
poter ancora toccare la superficie.
Fra le sinuose forme create dalla lava, ricoperta da spugne e madrepore, si
scorge una grotticina in cui 2 camere ospitano una grande famiglia di gamberetti.
Nell'orizzonte blu un branco di dentici di passaggio che pur mantenendosi lontani
si pavoneggiano con il loro movimento propulsivo e poco più avanti, quasi
come arenati su un grande scoglio squadrato, un branco di tanute: sono i guardiani
dei cocci di anfora custoditi nel tempo da questo fondale.
Una luce ci porta guardare verso
la sua direzione: poco più avanti la parete è interrotta da una
grande spaccatura, attraverso cui frotte di menole si inabissano verso la nostra
direzione, incuranti della nostra presenza. In controluce vediamo le numerose
castagnole che sembrano divertirsi a fronteggiare la lieve corrente.
E' un punto di bivio. Nel bel mezzo del "canyon", fra due imponenti
murate si nasconde un bel cerianto nella sabbia. Dal fondo ci raggiunge un timido
trigone, raro frequentatore delle rocce, ma che ogni tanto si allontana dai
suoi luoghi abituali per curiosare.
Proseguendo lungo la parete si raggiunge la "terrazza" da cui si gode
lo spettacolo donato dai dotti: come in un valzer, a turno ed in coppia effettuano
dei movimenti verticali e guazzanti. Alle proprie spalle, riposa quasi scivolato,
un grosso ceppo di ancora in piombo. La grandezza e la pesantezza di questo
ceppo e di altri disseminati per la secca, possono solo far immaginare quali
grandi navi degli antichi navigatori abbiano incrociato queste acque, e quante
forse saranno ancora lì, da qualche parte nell'abisso circostante.
Il cappello della secca qui ha raggiunto i 18 metri, formando un sottile ciglio
dove un grosso sarago solitario tiene sotto controllo i due lati della secca,
sbirciando qua e la, ci invita ad oltrepassare il ciglio, magari affiancando
un'altra sottile ma decisa spacca, per arrivare ad un peasaggio del tutto diverso:
un caduta graduale, illuminata e dai colori più omogenei. Fra le alghe,
numerose buche e spaccature ospitano cerniotte, murene, granchi, qualche polpo,
echinodermi e vermocani.
Branchi di salpe pascolano in questa prateria di montagna, Menole e cirri effettuano
la loro ennesima circumnavigazione della secca. Ai piedi della secca, numerosi
massi fanno da tana alle altre cernie: stavolta sono quelle bianche, stanziali
e territoriali, che permettono di farsi vedere solo dai primi osservatori.
Proseguiamo per una lenta risalita verso l'inizio della secca,lasciandosi dietro
i grandi massi che si scorgevano lontano, con un pizzico di curiosità
nell'immaginare cos'altro potevano illustrarci. Un'ombra però ci oscura
la vista da un lato: una enorme ricciola, padrona della secca, quasi ci sfiora
per imporre la sua presenza. Il suo occhio così vicino fa trattenere
il fiato sospeso per un attimo, lasciandoci quasi increduli. Un paio di virate,
e scompare nel nulla.
Si rivede la barca, e dispiaciuti del tempo trascorso così velocemente
ci ci si adagia sul cappello, per giocare con quelle numerose e coloratissime
donzelle che spavaldamente pizzicano le mani al richiamo di cibo. Una coppia
di lecci a caccia ci favoriscono di uno spettacolo divertente nel tempo di attesa
per la sosta: in perfetta sincronia, sfrecciano orizzontalmente e verticalmente,
disperdendo le castagnole raccolte in branco come in un'esplosione di fuoco!
Tra l'emozione e la malinconia, il tempo di risalire all'ancora è arrivato. Il barcaiolo sa già di vedere nei visi dei subacquei un'espressione di meraviglia, i quali si ripromettono di tornare a tuffarsi in quel mondo che per tanti era sconosciuto, per altri quasi dimenticato... se non a Linosa.
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